In occidente, le camelie si sono imposte come piante coltivate di grande interesse ornamentale, ma il loro utilizzo non è affatto limitato all’ambito floricolturale. In oriente, patria d’origine, alcune camelie sono ampiamente impiegate nell’industria alimentare e più recentemente in cosmetica e farmaceutica. Basta dire che il tè, la bevanda più consumata al mondo, non è altro che un infuso aromatico a base di germogli e foglie di camelia (Camellia sinensis var. sinensis, C. sinensis var. assamica). Le specie spontanee sono, poi, davvero numerose.
Camellia, di cui Thea è sinonimo caduto in disuso, è il genere tipico delle Theaceae, famiglia dell’ordine Ericales (angiosperme, eudicotiledoni asteridi) che presenta una distribuzione disgiunta in Asia orientale, Nord America orientale e del Sud America settentrionale. Il nome fu coniato da Carlo Linneo in onore di George Joseph Kamel (1661-1706), gesuita e farmacista originario di Brno (Moravia), a lungo missionario nelle Filippine, dove si dedicò allo studio della flora e dell’uso locale delle piante a scopo medicinale. Oggi, le specie conosciute, secondo le diverse fonti, oscillano tra 120 e 280 e si distribuiscono esclusivamente nel continente asiatico, in particolare nelle regioni orientali e sud-orientali, dal Nepal al Giappone, dalla Cina meridionale all’Indocina, comprese alcune isole indonesiane e le Filippine. La più alta concentrazione di specie si riscontra in Cina e Vietnam.
Arbusti o piccoli alberi sempreverdi si caratterizzano per le foglie alterne, persistenti, coriacee, lucide, da lanceolate, ovate a ellittiche acuminate, con margine dentato o seghettato. Nel sottogenere Thea, i fiori sono peduncolati e si identifica un calice di sepali distinti da una serie di bratteole che ricoprono il peduncolo. Nel sottogenere Camellia i fiori sono sessili, ovvero il cortissimo peduncolo è ricoperto da bratteole indistinguibili dai sepali. La corolla è composta da 5-8 fino a 12 petali più o meno connati alla base e il loro colore varia dal bianco, rosa fino al rosso. Un gruppo di specie, distribuite tra Cina meridionale e Vietnam, è caratterizzato da fiori gialli (subgen. Thea, sect. Archecamellia o Chrysanthae). L’androceo è formato da un numero elevato di stami disposti in più verticilli, che possono saldarsi alla base nella corona più esterna. Dall’ovario supero (da tri- a pentacarpellare) origina un frutto a capsula per lo più globoso. I semi da sferici a semiglobosi, più o meno sfaccettati, sono ricchi di olio.
Ritornando alle camelie ornamentali, oggi le cultivar descritte hanno raggiunto cifre incredibili. Stati Uniti seguiti da Giappone, Italia, Cina e Australia sono i paesi che ne registrano la maggior parte. D’altro canto, le specie principali da cui derivano, si circoscrivono a C. japonica, C. reticulata, C. sasanqua.
Camelia japonica, originaria di Cina, Giappone e Corea, con oltre 18.000 tra ibridi e cultivar nominate, è al centro di questa profonda selezione artificiale iniziata nei paesi di naturale distribuzione molti secoli fa. La grande variabilità che la specie manifesta in natura, con individui a fiori semplici di colore rosso, rosa o addirittura bianchi, la sua rusticità, ma anche una lunga storia di coltivazione, ibridazione, poliploidizzazione, sono il presupposto per ottenere innumerevoli nuove caratteristiche soprattutto a carico del fiore. I descrittori di cui tener conto sono parecchi: il colore generale del fiore (es. unicolore, pluricolore, sfumato dal bianco alle diverse tonalità del rosa e del rosso), il numero dei petali (es. semplice, semidoppio, doppio), la loro forma e grandezza, la loro disposizione (es. regolarmente o irregolarmente imbricati), la morfologia (es. fiore anemoniforme, peoniforme, ecc.) e le dimensioni complessive, gli stami, i petaloidi e molti altri ancora.
Segue Camellia reticulata con più di 1400 tra ibridi e varietà. Spontanea delle foreste del Guizhou, Sichuan e Yunnan (Cina), da tempo remoto, è stata coltivata sia per ricavarne olio di semi sia per la bellezza dei fiori rosa. Alcune forme ornamentali risalgono addirittura alla dinastia Ming (1368-1644).
Endemica del Giappone meridionale è, invece, C. sasanqua con fiori dal profumo delicato e foglie più piccole, molto apprezzata per la sua fioritura autunnale e invernale, tanto da meritare il nome di camelia di Natale. Da essa deriva il gruppo delle cosiddette camelie invernali.
Le prime notizie documentate sulla coltivazione delle camelie in Europa, provengono dall’Inghilterra. Si riporta che nel 1740, Lord James Petre ne possedeva una a fiori rossi e semidoppi (C. japonica) che coltivava nella serra riscaldata del suo giardino presso Thorndon Hall, nell’Essex. Alcune fonti anticipano l’arrivo delle camelie in Portogallo di almeno un secolo. In Italia, la camelia più antica, tuttora vivente, è nota con il nome di ‘Celebratissima’ e si trova nel parco della Reggia di Caserta, dove probabilmente fu piantata nella seconda metà del 1700. In Toscana le prime camelie arrivano a Firenze nel 1794. In Lucchesia, è certo che diverse camelie giunsero dal Regno di Napoli, in occasione della profonda trasformazione del parco della Villa di Marlia, voluta da Elisa Baciocchi, principessa di Lucca e Piombino dal 1805 al 1814.
La tradizione è poi legata a Angelo Borrini (1805-1865), medico personale di Carlo Ludovico di Borbone, duca di Lucca dal 1824 al 1847. Il Borrini reperì diverso materiale durante i suoi numerosi viaggi in Europa per assistere al sovrano. Nei giardini della villa a S. Andrea di Compito, sperimentò con scambi, semine, selezione, ibridazione, innesti e altre tecniche, la creazione di nuove varietà di camelia. Ancor oggi, gli eredi custodiscono gelosamente le collezioni da lui approntate. Da questa profonda passione, nasce la vocazione del Compitese (zona del comune di Capannori che identifica diverse frazioni storiche dislocate lungo le pendici nord-orientali del Monte Pisano) alle camelie, a cui si dedicano mostre e appuntamenti annuali e addirittura un vero e proprio Camellietum, un giardino pubblico fondato nel 2002.
Alessandra Sani